Fino a quando un genitore è costretto a mantenere il figlio?

Ogni genitore separato o divorziato è consapevole che l’obbligo di mantenimento nei confronti della prole cesserà quando quest’ultima diverrà maggiorenne e non economicamente indipendente, come prevede l’art. 337 septies c.c.

Col passare del tempo, però, in molte famiglie si generano liti per via del figlio che non è divenuto autosufficiente nonostante abbia raggiunto un’età avanzata.

La Cassazione ha posto dei limiti all’obbligo di corresponsione dell’assegno, onde evitare che il genitore debba contribuire vita natural durante al mantenimento del proprio figlio che approfitta della propria condizione.

Innanzitutto, è il figlio che per primo è chiamato a rispettare il principio della autoresponsabilità, che gli impone di non abusare del diritto ad essere mantenuto dal genitore oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perchè “l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione” (Cass. 32406/2021)

In secondo luogo, in caso di lite la valutazione delle circostanze che giustificano la cessazione dell’obbligo va effettuata dal giudice del merito caso per caso e deve fondarsi su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell’avente diritto. Così si è espressa la Cassazione, ribadendo principi già enunciati in passato, con sentenza n. 18785/2021.

In altra pronuncia la Suprema Corte afferma che un elemento rilevante, costituito dal raggiungimento di un’età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è concluso, posto che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, o, come già osservato dovute ad un ciclo formativo da concludere se intrapreso e proseguito concretamente) costituisce un indicatore forte d’inerzia colpevole.

Vi sono poi casi in cui l’inerzia del figlio è legata alle aspirazioni, che lo portano a rifiutarsi di cercare e di svolgere un’attività lavorativa perché non corrispondente a quella che desidera.  Ecco che in tal caso la Cassazione ammonisce che il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni”. (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 29/07/2021, n. 21817).

La giurisprudenza è colma di pronunce sul tema. Come si evince anche dal tenore delle massime ora citate, la legge non prevede un limite di età, sebbene possiamo considerare che orientativamente il campanello d’allarme suoni dopo i 30 anni. In ogni caso è sempre meglio avere molta pazienza e mantenere un buon rapporto con la ex moglie e con i figli per evitare liti lunghe e dispendiose.

Avv. Marco Giudici
(riproduzione riservata)

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